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Mamma, ti piace?


di pato3
09.04.2021    |    45.153    |    3 8.0
"Era ciò di cui aveva bisogno: essere indirizzato..."
Luca è il figlio di una famiglia molto ricca. Il padre era un uomo innamorato di sua moglie e suo figlio, perfetti ai suoi occhi disattenti. La madre era troppo sexy perché non creasse una certa confusione in un figlio cresciuto senza aver mai sentito parlare di regole. Se una figura materna poteva esserci, Jin, la domestica, era tenuta in così bassa considerazione, che in fin dei conti risultava una schiava. Così la chiamava Luca, quando suo padre non c’era.

Barbara, la mamma, si era ritoccata il seno dopo aver allattato il piccolo Luca. Contenta del lavoro del chirurgo, aveva deciso, dopo qualche anno, di ricorrere nuovamente al suo bisturi, per dare una marcia in più e passare alla quarta. Non si era domandata che effetto potesse avere la sua sensualità spesso debordante, spesso disattenta, sul figlio. In effetti, non era scontato che dovesse porsi questa domanda. E non è di certo scontato che un figlio si possa innamorare della madre. Anzi. Ma quando Luca cercava di immaginare come potesse essere la donna perfetta, vedeva solo la madre. E obiettivamente era esteticamente superiore a qualsiasi donna o ragazza Luca avesse mai incontrato. Quando andavano in piscina, alle terme, al mare, lui si guardava avidamente intorno, ma nessuna era all'altezza della mamma, l’unica donna degna di essere guardata.

Quello che successe fu quindi che Barbara era diventata, nel tempo, l'ideale erotico del figlio. E nessuna donna poteva competere. E questo comportava un certo carico di frustrazioni, che sfogava su ogni altra donna con la quale si accoppiava. I suoi rapporti erano predatori, egoisti e, quando si concedeva di usare la fantasia, diventavano degradanti per la donna di turno.

Fu proprio in una di queste “performance” del figlio che la madre si rese conto di quanto fosse pervertito il ragazzo che aveva cresciuto. Aveva già avuto diverse avvisaglie, ma, nella sua indulgenza o stupidità, aveva catalogato le morbosità del figlio come delle banali “stranezze”. Per autodifesa, quelle attenzioni particolari, le sembrarono controllabili e forse normali: “è solo una fase”, pensava.

Poi, un giorno, pianeti e stelle si allinearono. Forse doveva andare così. Barbara era tornata a casa prima, inattesa, e trovò il figlio e la domestica insieme. La gentilissima ed educatissima donna vietnamita, che non conosceva l'italiano (per scelta dei suoi datori di lavoro; parlava solo vietnamita e francese) e che aveva solo un paio di anni in più di Barbara, era stata costretta (sicuramente doveva essere così, Barbara conosceva il figlio e conosceva quasi altrettanto bene la domestica) a starsene in ginocchio, umiliata mentre il figlio si masturbava.

Erano nel piccolo terrazzino della stanza da letto di Luca, e mentre lei era inginocchiata e completamente vestita, teneva in mano delle mutande sporche di Barbara. Lui, leggermente chinato, le annusava e si segava senza alcun ritegno. Barbara perdonò immediatamente la serva, incolpevole. Jin non aveva ancora visto la padrona, e il suo volto era già terrorizzato temendo chissà cosa da Luca. Poi Barbara urlò, Jin si girò e fu sul punto di piangere.

"Quelle sono mie?", chiese calmandosi, Barbara, dopo che il figlio si era vestito e la domestica continuava a esibire la sua faccia più rammaricata.

Luca non rispose. Allora Barbara lo chiese, in francese, alla domestica. Lei, che non sapeva e non voleva mentire, rispose che sì, erano sue. Luca sembrava seccato, ma non aveva mai mostrato alcun atto di insubordinazione di fronte alla sua amata madre.

"Siediti, amore", disse al figlio. E poi a Jin: "Cosa ti ha fatto fare, mio figlio?"

La domestica spiegò che aveva solo l'ordine di stare zitta e in ginocchio, tenendo quelle mutande in mano il più in alto possibile, ma, per non fare un torto al ragazzo, precisò che comunque si trattava di un gioco, ma i suoi occhi – visibili solo a Barbara, in quel momento – si mostravano preoccupati e tristi. Barbara, prese il polso di Jin, in maniera delicata, come fosse un'amica. Le mise una mano sulla spalla mostrandole tutta la sua comprensione e le chiese di andare.

"Ancora?", chiese Barbara, rimasta sola con il figlio. "Non puoi mettere in mezzo Jin, però. Non è proprio il caso direi"
"Stava solo reggendo le mutande. Niente di più"
"E non pensi potrebbe dedurre che c'è un motivo se sei così attratto dalle mutande di tua madre?"
"Ha visto di peggio"

Barbara sbiancò per un momento.

"Cosa avrebbe visto?"
"Niente. Cose mie"
"E non le dici a tua madre?", anche Barbara a suo modo era perversa: sapeva perfettamente di essere l'oggetto del desiderio di suo figlio e sapeva perfettamente che lui la rispettava come madre, ma ne subiva anche il fascino della donna da conquistare, con il timore reverenziale che questo comporta, e che una madre normale non incuterebbe.

"I tuoi indumenti intimi, mamma", disse lui cercando di darsi un tono che fosse il più ironico possibile, "passano regolarmente dalle mie mani quando sono in lavanderia. E poi vengono lavati. Lei lo sa"
"Si può sapere che ci fai con le mie mutande?"
"E reggiseni"
"E reggiseni..."
"Quello che hai visto"
"Sembrava volessi pisciarci sopra, Luca. Non dirmi che pisci sulle mie mutande. Questo andrebbe oltre il limite"
"No, mamma. Non stavo pisciando"
"Sì, amore. Mi rendo conto. Stavo dicendo che te ne stavi lì, col pisello in mano, con quella poveretta che quasi tremava"
“È una troia!"
"Bada a come parli di Jin"
"Che nessuno tocchi la tua schiava"
"Può fare quello che vuole della sua vita. Ma gradirei non lo facesse con te. E in ogni caso non mi sembrava una che volesse"
"Vuole, vuole..."
"Cioè?"
"Niente. Posso finire?"
"Non sulle mie mutande"
"Mamma...", disse lui voglioso, avvicinandosi a lei.
"Ti prego"
"Io ti prego, ma'".
"Mettiti lì", e indicò il letto.

Lui si sistemò sul letto, abbassando i pantaloni, col cazzo già duro. Lei chiuse la porta a chiave e nel togliersi le scarpe, si chinò leggermente facendo vedere più di quello che, in quel momento, volesse far vedere al figlio, che non aveva bisogno di ulteriori spunti.

Si sedette accanto a lui.

"Mi abbracci?", chiese lui e subito dopo averlo chiesto, si girò sul fianco sinistro aspettando l'abbraccio materno da dietro. Lei lo abbracciò e lui, flettendo leggermente le gambe iniziò a masturbarsi.

Era il modo più casto che mamma e figlio avessero escogitato per "fare sesso" insieme. Lui non poteva guardarla. Poteva solo sentire il calore del suo corpo, le braccia attorno al petto, il seno tondo e duro sulle spalle e soprattutto il profumo della mamma, che invadeva l'aria tutta intorno ed era la sensazione che più lo eccitava e più lo emozionava. Era una pratica quasi rodata, anche se recente.

Luca venne dopo pochi minuti. E lei lo strinse ancora di più a sé. Proprio mentre sentiva che il figlio stava per venire lei chiudeva gli occhi, stringeva le cosce e lo tirava ancora più forte verso di sé. Il respiro di entrambi si faceva più corto e anche se Luca non ne era consapevole, a causa dell’inesperienza e del fatto che non sapeva come interpretare il tremito di sua madre, Barbara godeva quasi quanto lui. Lui ogni tanto le chiedeva: "Mamma, a te piace?". Gli sembrava però una domanda stupida perché in realtà lei non faceva nulla a parte abbracciarlo. Ma alla mamma piaceva più di quanto dicessero le parole, ovvero nulla: la mamma non rispondeva mai a quella domanda.

Fino a quel giorno Barbara aveva toccato il figlio nelle parti calde solo una volta, e mentre sentiva il cazzo diventare duro, fu presa dal panico al punto che dovette correre in bagno per vomitare. Era passato qualche anno da quel giorno e tutto quello che era successo nel frattempo erano stati gli abbracci di lei e le seghe di lui. Questa pratica aveva avuto l’effetto di assuefare la mamma all’orgasmo del figlio, alla vista del suo cazzo e all'idea che quella relazione particolare col figlio potesse esistere davvero; che era una cosa speciale, solo loro: condannabile dal mondo, ma il mondo non lo doveva sapere. In fondo, che crimine era amare suo figlio, amarlo solo un po' di più nel normale?

Quel giorno si sentì pronta. In genere quando lui veniva (sulle lenzuola, senza tante preoccupazioni, tanto poi passava Jin a rifare il letto) la mamma rimaneva ancora qualche minuto e poi, emotivamente sfinita, andava a farsi una doccia e siccome voleva punirsi si strangolava – senza troppa forza in realtà – con il tubo della doccia, coprendo però il collo con un tovagliolo di cotone. Fu una punizione solo per qualche tempo, poi imparò a godere anche così. Quel giorno però era rimasta lì con lui e aveva deciso di fare qualcosa che non aveva mai fatto: fece girare il figlio e si unirono in un abbraccio frontale. Le gambe di entrambi erano chiuse, ma il pene, con ancora qualche goccia di sperma, toccò comunque la gonna della mamma, sporcandola.

Il cazzo di Luca tornò duro e andò a toccare l'addome tonico di Barbara. Prese un seno tra le mani. "Mamma, posso?", chiese lui implorando, con la mano che si avvicinava alla scollatura per entrare. "Aspetta, solo un attimo". Barbara si alzò e andò alla porta, guardò verso fuori attraverso lo spioncino. Jin era chissà dove. Allora si abbassò la gonna e la mise sulla maniglia in modo da coprire lo spioncino.

Indossava delle calze autoreggenti nere e culotte di pizzo bianche.

"Ti piacciono le mie mutande usate, quindi?"
"Sì"
"Quindi queste le lascio qui...", le sfilò e le lasciò a terra. Luca non colse subito l'assist. Avrebbe dovuto correre a prenderle, perché lei era troppo "timida" per consegnargliele direttamente e mettergliele in faccia, confessando così quanto si era divertita in quei pochi minuti insieme.
"... o preferisci questa?", disse in maniera piuttosto impacciata per una donna così abituata alle attenzioni maschili, indicandosi la figa perfettamente liscia (Jin, una delle domestiche probabilmente più pagate in Europa, aveva fatto anche un corso di estetista e si prendeva cura della peluria di tutta la famiglia).

Si mise in ginocchio sul letto a gambe larghe, petto in fuori. Luca si avvicinò e mise una mano tra le gambe e la trovò bagnatissima. Più di qualsiasi figa avesse mai toccato. Ma ancora una volta non gli era passato per la mente di correre a prendere quelle mutande luride. "Sono tutta bagnata", disse lei con un tono di voce artefatto e un po' troppo alto per essere eccitante. Il figlio era completamente imbambolato e lei fu attraversata da un'ondata di tenerezza e così, come se fosse ancora tanto piccolo da doverlo guidare in ogni passo, gli disse: "Vai a prendere le mutande, tesoro di mamma! Penso che ti piacerà annusarle". Lui si risvegliò ed eseguì.

Era ciò di cui aveva bisogno: essere indirizzato. Si alzò di scatto e andò verso le mutande. Le prese in mano e casualmente con due dita toccò proprio la parte umida. Ecco una cosa che, rovistando nella biancheria sporca, si perdeva: l'umidità. L'odore era lo stesso, ma era più fresco, più vivo.

"Vieni qui", gli disse Barbara, con la schiena poggiata sulla testiera e le gambe spalancate.

Luca si stese con la faccia tra le gambe e lei gli mise le mutande sul naso così mentre leccava e sentiva il suo sapore in bocca, poteva anche sentire quello delle mutande fin dentro il naso.

Sensibile e telepatica come solo una madre può essere, si rese conto che il figlio non sarebbe durato tanto. Ma ecco una cosa bella di una relazione mamma-figlio: nessuno lì doveva fare bella figura. Erano ben oltre questo. Si erano già scelti, già conquistati e li univa un legame più forte di qualsiasi altro legame. Ormai lui era suo e lei era sua, per sempre. La sua sola presenza in quella stanza era certezza di orgasmi multipli. Non doveva scoparla col cazzo per ore per darle qualcosa. Doveva solo respirarla: e lei sarebbe venuta, e sarebbe venuta ancora, e ancora. Fin quando entrambi si fossero trovati nudi in quella stanza.

Luca infatti mentre leccava, sfregava il cazzo contro il materasso.

"Amore devi venire?", chiese lei a bassa voce, ansimando.
"Sì", disse lui senza staccarsi dalla figa.
"Vuoi venirmi in bocca?", chiese lei toccandogli dolcemente la spalla con quelle mani curate e solo un po' fredde.

Sentirle chiedere quella cosa, sentire di nuovo il suo profumo invadere nuovamente l'aria perché si era leggermente chinata in avanti e mischiarsi con il profumo della figa, sentire ancora la sua mano sulla schiena, avevano causato una nuova sborrata, proprio mentre cercava di rispondere sì. Rispose "sì", ma come fosse un "sì, avrei voluto", perché ormai, mentre si alzava, il cazzo stava spruzzando in maniera incontrollata sul lenzuolo e qualche goccia finì sulle calze.

Lei decise di abbandonarsi completamente. Diventò in quel momento la sua puttana. Prese quelle gocce con le dita e se le spalmò sulla figa.

"Amore!", disse lei compassionevole e innamorata. "Vieni qui", disse tornando in ginocchio per piegarsi e prenderlo in bocca dopo aver scostato i capelli con la mano, sistemandoli dietro la nuca, con un gesto che una donna come lei faceva in maniera tanto naturale quanto sensuale. E con una mano, mentre l'altra era ancora accostata al volto, si ficcò in bocca il cazzo ancora pulsante. Succhiò tutto lo sperma rimasto.

"Hai ancora voglia?", chiese premurosa Barbara, dato che il figlio era già venuto due volte. Luca era come un bimbo a Gardaland. La risposta era scontata. E lei aggiunse scandendo bene le parole e facendo una pausa tra ognuna di essa: "Fammi tutto quello che vuoi". E si consegnò interamente, ancora più di prima, al figlio.

La prima cosa che Luca considerò fondamentale fare fu togliere la maglietta che Barbara ancora indossava. Fu un dolce ricordo rivedere quel seno da tanto sospirato, tanto osservato, che era stato suo solo come nutrimento. Il reggiseno era strutturalmente inadatto a contenere il seno e a coprire i capezzoli. Non avendo molta forza per parlare, Luca fece girare la mamma per sganciarle il reggiseno, anche se avrebbe preferito dirle di toglierlo. Provò a darsi da fare ma era talmente eccitato che quel gesto elementare che aveva fatto qualche volta con quelle sue amiche, non gli riuscì così bene e allora la mamma intervenne in aiuto e Luca poté apprezzare ancora una volta la superiorità fisica della mamma rispetto a qualsiasi altra donna o ragazza. I muscoli della spalla erano tonici e non c'era un filo di adipe dietro al braccio. Barbara era ancora abbronzata, nonostante fosse febbraio. Sganciò il reggiseno e lo buttò a terra.

Il seno di barbara era obiettivamente bello, anche se rifatto. Il chirurgo doveva essere un artista, infatti la tetta sembrava assolutamente naturale nella sua bellissima forma a goccia. L'unico dubbio sulla naturalezza veniva quando lo si tastava attentamente o quando si notava che a quell'età non era possibile che i capezzoli - larghi e tondi - fossero ancora così rivolti in alto come un fiore appena sbocciato, al centro di quella palla perfetta che era la parte bassa del seno. La scollatura invece: impeccabile. La protesi non era alta, non gonfiava il petto tipo barbie. Inutile ripeterlo: Luca era innamorato di quel seno. Da sempre.

“Fai tutto quello che vuoi”, aveva detto. Ma il cuore di mamma capiva che Luca non riusciva a farlo. Luca avrebbe fatto qualsiasi cosa a Jin, perché era un maniaco e non provava nessuna forma di soggezione. Barbara non ci ragionò tanto. Fu più che altro un’intuizione: ‘per tirare fuori la bestia non deve sapere che sono sua madre: mi copro la faccia col cuscino’. E perché voleva tirare fuori la bestia? Perché non avrebbe sopportato sapere che avrebbe fatto a Jin o a chiunque altra, cose che non aveva il coraggio di fare a lei. Così, nuda, col cuscino in faccia, gambe e braccia spalancate, inerme e pronta a subire qualsiasi decisione del figlio, si lasciò andare completamente a lui. E Luca in effetti senza gli occhi incantevoli di sua madre, adesso doveva fare tutto da solo. E anche se non vedeva più il volto di sua madre, il seno era il suo. Inconfondibile. La fece girare. Aveva la faccia sul cuscino e il culo in aria. Barbara sapeva che poteva anche essere pericoloso dare a suo figlio troppa libertà di agire. Ma ora che era un uomo, c’era una parte di lei che voleva sapere, provando in prima persona, che tipo di uomo fosse.

“Qualsiasi cosa?”, chiese per conferma lui.
Lei, per non fare sentire la sua voce, disse sì muovendo la testa e Luca vide solo il cuscino annuire in maniera decisa.

Luca si allontanò per un attimo e poi tornò. Sollevò leggermente il bacino della madre e le penetrò la figa. Barbara, che sapeva come tenere il culo, stava ben inarcata in modo da offrire a suo figlio una visione panoramica. L’ano era invitante, ma Luca aveva già un piano per quello e si era allontanato proprio per poterlo attuare. Mentre scopava la madre, per qualche strano motivo (forse lo stesso inconoscibile motivo che porta una madre e un figlio a fare sesso insieme) decise di inserire nel buco del culo, dopo averlo allargato con due dita, la testa di un pupazzo che lei gli aveva regalato da bambino. Era un “ActionMan”, di quelli belli grossi. Infilò solo la testa e la madre non capì di cosa si trattava ma a Luca sembrava più che soddisfacente la scena. Mentre scopava la madre, roteava la testa di ActionMan nel suo culo.

Ancora una volta Luca, troppo eccitato, si trovò quasi sul punto di sborrare. Così si sfilò dalla figa la fece girare. Lei tolse il cuscino dal volto. Aveva la faccia arrossata e il trucco tutto sbavato. Forse aveva pianto. Aveva un sorriso beato però. Si sentiva in piena sintonia con il figlio. Sapeva che da quel momento il suo uomo poteva essere solo ed esclusivamente lui. E non le parve strano quando Luca le chiese di baciare ActionMan. E non le parve strano quando le chiese di metterselo tra le tette, mentre lui guardandola senza toccarla si segava fino a sborrare sulle mammelle e sul povero bambolotto di plastica.
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